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   Opinioni

venerdì 14 ottobre 2016

Avviare un processo riformatore

di Denis Ugolini

Finalmente la data del referendum. 4 dicembre. Riformacostituzionale. Da mesi in discussione non tanto nel suo merito ma per altriaspetti e significati. Tiene banco maggiormente la prospettiva del quadro edegli equilibri politici e di governo futuri, partendo dall’italicum, la leggeelettorale approvata a valere per le elezioni della Camera e ancora maiapplicata. Nel merito della riforma costituzionale siamo intervenuti tantevolte e nel corso di tempi assai più lunghi di questi soli mesi in cui se neparla come abbiamo detto. Nel merito per evidenziarne gli aspetti che ci sonosembrati e ancora ci appaiono positivi e quelli che invece abbiamo avuto econtinuiamo ad avere motivo di criticare. Nel complesso non ci è mai sembratauna grande cosa, ma consideriamo che sia necessario procedere. Il peggiosarebbe arrestare questo processo o impedirlo. Temo che per diverso tempo nonse ne farebbe più niente. E questo davvero reputo sarebbe un danno per un paesecome il nostro che ha bisogno di mettere mano assolutamente ad un qualchesignificativo ammodernamento del proprio funzionamento istituzionale. Da oltretrent’anni l’esigenza di approcciare una riforma è sentita e richiesta. Variebicamerali all’uopo e nessun risultato. Se non quello che nel frattempo è strisciatoin qualche mutamento e rimarcando invece la riforma del titolo V che è statauna vera disastrosa soluzione. Alla quale adesso almeno un rimedio si cerca diporre  ed è uno degli aspetti positividell’attuale riforma. Ce ne sono altri quali il superamento del bicameralismoperfetto anche se meglio di quel Senato delle autonomie che resta sarebbe statol’eliminazione completa della seconda camera. Tant’è! Bisogna anche fare iconti con quello che il convento è in grado di fare passare. È sul convento chemi voglio soffermare, rispetto al quale una riflessione il più puntualepossibile mi pare siano molti che la vogliono evitare o marginalizzare. Unapolitica allo sbando, ognuno contro l’altro armato. Populismo a profusione,ovunque: è il terreno del contendere il consenso, nessuno se ne può e riesce adestraniarsi. I risultati sotto gli occhi di tutti. Del resto da certiingredienti non possono venirne pietanze diverse. Checché se ne dica o si siacercato di correggere ed edulcorare, questo referendum continua ad essere un sio un no al governo Renzi piuttosto che a quella riforma passata attraversomolte letture di Camera e Senato. Ha sbagliato Renzi per come l’ha impostataall’inizio? Anche, sicuro. Per quanto ci sia un dato inoppugnabile, di stile primaancora che politico. Se questa riforma non passa, per il significato cheha  e che ha assunto, per il crocevia cherappresenta, il Presidente del consiglio deve mollare il Governo e Mattarelladeve rimetterne in gioco la formazione, se possibile , di uno nuovo che con ilParlamento approdi alla definizione delle leggi elettorali con le quali andareal rinnovo delle Camere. Non che Renzi debba mollare la politica, ma devemollare il governo. Da qui secondo me non si può prescindere e devo dire che anchequesto mi costituisce una ragione, nel contesto del convento che sto guardando,per votare si al referendum. In tanti, mi pare, abbiano già dimenticato come siarriva a questa tappa e cosa sia successo nel corso di questi ultimi anni. Apartire dalla rielezione – fatto straordinario ed eclatante – di Napolitanoalla Presidenza della Repubblica. Quasi implorato perché accettasse nonriuscendo la conventicola a produrre alcunchè d’altro e di positivo. Vincolòl’accoglimento della diffusa implorazione alla realizzazione delle riforme. Unimpegno al quale il Governo e un’ampia partecipazione politica si dedicarono.Poi cominciò lo sbriciolamento strada facendo. Tuttavia in quella direzione siè proceduto con tutti gli ammennicoli apportati a correzione, integrazione equant’altro, il più delle volte per peggiorare il complesso propositivo che nonper migliorarlo. Roba normale dei processi parlamentari, figuriamoci di questoParlamento. Si poteva scrivere meglio, pasticciare di meno? Sicuramente si.Intanto però si è messo a punto qualche risultato. Ci sarà modo, è auspicabile,che in prosieguo le cose vengano migliorate e meglio definite, e che ve nesiano le condizioni politiche e culturali per poterlo fare. Qui non nascondiamoil nostro profondo scetticismo. Ma tutta la distorsione nell’affrontare questariforma e il referendum del prossimo 4 dicembre non è tanto, nel seppurpasticciato merito del testo riformatore, quanto nel combinato disposto fraquesto e il sistema elettorale, l’italicum, già approvato, in sostituzione delporcellum e a valere per le lezioni della Camera dei deputati. Arrivandoperfino a parlare di rischio dittatura, tanto per non recedere definitivamenteun dato storico ben presente nella formulazione della nostra Costituzione cheseguiva la fase del dopo guerra e del dopo fascismo. Siamo uno strano paese,non c’è dubbio. Da anni cerchiamo di ammodernare il funzionamento istituzionalepuntando, ovviamente dentro sistemi di garanzia democratica, a correggere ilnostro parlamentarismo proporzionalistico introducendo insieme al rispetto ealla tutela della migliore rappresentatività parlamentare un rafforzamentonecessario del ruolo e delle funzioni governative sempre più richiesti dallarealtà che ci circonda che necessita di scelte rigorose ed anche onerose intempi consoni e non dilatori e inconcludenti. Allo scopo siamo perfino arrivatialla massima ipocrisia di ritenere che avremmo risolto il problema passandoall’elezione diretta del capo dell’esecutivo, rafforzandone ruolo e funzione.Ipocriti coscienti e malandrini, procedendo per le vie brevi e di certo nonappropriate, prendendoci e prendendo in giro un popolo a cui non dispiaceessere menato per l’aia. Si potrà pensare di arrivare a soluzioni di quel tipoattraverso le leggi ordinarie che regolano le elezioni, anziché attraverso unariforma costituzionale seria che assesta in quella direzione la forma digoverno? E via tutti a pensare che Berlusconi veniva eletto direttamente dalpopolo e che Renzi invece non è passato dalle forche caudine dell’elezionediretta. Una somma, una altura di ignoranza da mettere spavento. E quel chemette ancor più spavento è il buio mentale di un popolo che nella suastragrande maggioranza a questo si è assuefatto credendoci. Del resto è cosìmiserevole il dibattito di queste misere forze politiche che vivono allagiornata, al tempo di un tweet, e allo spicciolo dell’interesse immediato eparcellizzato che anche dove si litigano e si scontrano su riforma e leggeelettorale non entrano nel merito con una che sia una proposta organica sia inrelazione alla forma di governo che si ritiene più utile e congeniale sia alsistema elettorale che sia il più coerente con quella e con il massimo dellarappresentanza da tutelare. E in un caos del genere altra massima genialata escorciatoia è quella di riproporre il sistema proporzionale dell’iniziorepubblicano. Giriamo intorno, con spreco di tatticismi e di chiacchiericci, aquestioni di grande serietà, senza cercare di venire a capo di nulla conresponsabilità. Mandare a casa Renzi e il suo governo:  si o no? Semmai dovremmo confrontarci edecidere se vogliamo che una organica riforma costituzionale a valere per iprossimi decenni impronti questa o quella forma di governo nel quadro di unagaranzia di pesi e contrappesi di salvaguardia democratica. Ci aiuterebbeguardarci intorno, ma noi siamo italici e tale originalità guai a perderla chepoi altro non si riduce ad essere che continuare a pensare ogni cosa nellalunghezza di un tornaconto di parte, immediato non più lungo e non oltre ilgiorno dopo. Già riflettere a quello successivo ci disorienta e ci sbilancia,troppo lontano, troppo impegnativo. È questa classe dirigente, bellezza! Nonfaccio mistero delle mie preferenze. Saranno anche sbagliate e se c’è di meglioben venga. Ma mi limito a trarre spunto dai sistemi tedesco e francese. Ilsecondo lo preferisco. E che faccio? Esprimo un desiderio, un auspicio: che inuna direzione, ripeto in modo organico e coerente si arrivi ad una solidasoluzione istituzionale. Intanto però bisogna muovere, aprire e percorrere unprocesso riformatore del quale c’è bisogno. Pur con tutti i suoi limiti questamodifica costituzionale può rappresentare questo inizio.

La grande paura? Il combinato disposto con l’italicum, il rischioda molti palesato del partito unico al potere. Non essendoci più i partiti chec’erano ma le personalizzazioni che ci sono il rischio si tende adenfatizzarlo  ulteriormente e oltre lamisura e così lo si esorcizza per le vie brevi: lasciamo tutto così come è. Nonè quello il rischio. Lo è invece la distorsione e la confusione del sistemapolitico che ne può uscire da una ciofeca come il sistema elettoraledell’italicum. Quello.  Andrebbecorretto, va corretto. Ma occorrerebbe farlo con una certa coerenza con una prospettivadi assetto rinnovato di forma di governo. Continuiamo invece a demandare alsistema elettorale soluzioni che non gli sono proprie. Un sistema elettoralefondato su collegi uninominali, i candidati dei quali si selezionano attraversoprimarie serie codificate nella legislazione nazionale. Un sistemamaggioritario di doppio turno. Espressione di un desiderio, di una attesa. Eche altro? Nulla di più. Tanto mi basta e me lo faccio bastare per andare avotare si il 4 dicembre.

 


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