La crisi dellademocrazia rappresentativa è un punto dolente del dibattito politico in tutti ipaesi occidentali. L’avanzata del populismo da una parte, l’aumento deldiscredito delle istituzioni dall’altra, congiurano per decretare il declinoinarrestabile dell’esperienza di governo figlia della rivoluzione francese edel parlamentarismo britannico.
La crisi declinatanel panorama politico italiano ha certo aspetti peculiari derivati dalla nostrastoria nazionale carente di civismo e incline ad invocare l’uomo forte, ma ècertamente figlia del nostro tempo come in altri Paesi. In primo luogo pesanolo spostamento del potere decisionale reale dall’ambito politico a quelloeconomico e dalla dimensione nazionale a quella sovranazionale.
Secondo il buonsenso politico, la distanza tra le istituzioni e i cittadini a livello localedovrebbe essere quella più facile da colmare. Invece anche qui la distanzaaumenta inesorabilmente. I nuovi media e la digitalizzazione hanno ampliato lospazio del controllo e della possibile partecipazione, ma quello che resta sulcampo ogni giorno è però quasi esclusivamente la ruggine delle critiche e dellepolemiche.
Partecipazione econdivisione, anche a Cesena, brillano sulle bandiere delle forze politiche edelle amministrazioni pubbliche. La realtà che si è andata delineando negliultimi anni è però del tutto diversa. La disaffezione dei cittadini alle sedutedel consiglio comunale non è una novità recente, tanto meno modificata dalla modadelle trasmissioni in streaming che raccolgono solitamente meno audience delmonoscopio televisivo d’un tempo. Se il meccanismo della delega è in crisi, sidoveva almeno tentare di irrobustire la partecipazione diretta attraverso gliorgani della rappresentanza civica, i consigli di quartiere in primis. ACesena, come si sa, si è andati nella direzione diametralmente opposta.
E’ vero, unadissennata legge nazionale ha abolito i consigli di quartiere per le cittàsotto i duecentomila abitanti (tagliando sostanzialmente il finanziamento diquesti organi), ma a Palazzo Albornoz si è scelto un rimedio peggiore del male:la nomina dei consiglieri da parte del consiglio comunale. Una logicaspartitoria e lottizzatrice che reciso il legame con gli elettori, purpresentandosi come un’apertura al volontariato civico e all’impegno diretto aldi là dei colori politici.
A conti fattil’esperienza si è rivelata fallimentare. Non solo per le critiche delleopposizioni. La conclusione della protesta del cosiddetto ‘controconsiglio’ haportato in regalo un ripensamento da parte dell’amministrazione comunale sullaformula adottata. Se già in questa legislatura verranno rilanciati il ruolo ele competenze di rinnovati consigli di quartiere (espressione del voto popolare)allora si potrà pensare che sia possibile fare qualche passo in avantieffettivo verso gli obiettivi di partecipazione e trasparenza che la stessagiunta Lucchi si è posta. Intendiamoci: da soli i consigli di quartiere nonsono la panacea di tutti i mali. E non è nemmeno pensabile rilanciare il mantradella partecipazione che troppo spesso (vedi il caso di ‘Carta bianca’) sisostanzia in una passerella che fa da paravento a decisioni già prese.
Il bilanciopartecipato è uno dei meccanismi che ora va più di moda. Anche qui però siamonel campo della cosmesi democratica. Il Comune di Cesena lo ha in qualche modoadottato (anche se in realtà ci sono in Italia esperienze ben più incisive) maè palese che un voto sull’alternativa tra quale strada asfaltare ben difficilmenteriuscirà a portare nuova linfa al processo democratico.
Arriviamo alloraall’altro capo del dilemma del cittadino. Se gli istituti – classici orinnovati che siano – della partecipazione risultano sempre più frusti escarsamente attrattivi, occorrerà accelerare sul tema della trasparenza.Fornire al cittadino quanti più strumenti possibili per esercitare un controlloreale sulle azioni degli amministratori. Qui, pur partendo dal buon inizio delsito Cesenadialoga, moltissimo resta ancora da fare. E probabilmente anche invirtù dei recenti obblighi di legge, sarà materia della prossimaamministrazione. Rendere trasparenti e leggibili tutti i documenti, gli iter ele decisioni dell’amministrazione deve essere un impegno prioritario perqualsiasi programma elettorale. Le sue stesse modalità potrebbero essereargomento di un dibattito preliminare dai cittadini. Una sorta di ‘patto dicittadinanza’ tra amministratori e amministrati. Anche se, al fondo di tutto,resta l’elemento cruciale della buona volontà e della responsabilitàpolitica.