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   Politica Nazionale

mercoledì 26 aprile 2017

Navigazione a vista

di Luigi Di Placido

L’Italia dopo il4 Dicembre sembra essere come i passeggeri del Titanic, intenti ad ascoltarel’orchestra anziché preoccuparsi dell’impatto con l’iceberg.

Pur essendomiimpegnato in prima persona per il sì al referendum, ho sempre sostenuto chequalunque fosse stato il risultato, esso non sarebbe stato in grado, da solo,di migliorare o peggiorare sensibilmente la situazione generale.

Un timore,tuttavia, mi pervadeva: che si perdesse un’occasione, e che questo provocasseun preoccupante immobilismo.

Mi pare che stiaaccadendo esattamente questo.

Come dubitavoche un sì avrebbe trasformato d’incanto il Paese, così dubitavo che con un nosi sarebbe potuto mettere mano ad una riforma alternativa nel giro di qualchemese.

Ed infatti non èsuccesso. Anzi.

La bocciaturadel referendum ha provocato (mi piace utilizzare una apparente contraddizione),una accelerazione dell’immobilismo.

Di questoimmobilismo è responsabile non solo la bocciatura del referendum, ma anche chiha fatto di tutto perché ciò accadesse.

Se, infatti, unvasto fronte poco incline al cambiamento si è coalizzato per quella occasione,è altrettanto vero che la esagerata personalizzazione e l’atteggiamentoarrogante di chi lo ha proposto ha creato le condizioni perfette per unsuicidio annunciato.

I mesiprecedenti al voto hanno evidenziato tutte le caratteristiche negative dellapolitica italiana: anatemi, accuse di ogni tipo, denigrazione. Oltre ad avertrascurato per mesi e mesi la necessità di affrontare i numerosi gravi problemiche ci attanagliano, cercando al contrario di imbonire gli elettori con regalie mancette.

Ma ormai, comerecita il detto, “cosa fatta capo ha”.

Immobilismo,dunque. Di quello più pericoloso e preoccupante, di quello che comporta la navigazionea vista.

Il PD è presodalla campagna per le primarie e dalla lacerante uscita dal partito diesponenti di spicco, che addossano alla segreteria uscente il progressivodistacco di una parte dell’elettorato storico e le sconfitte referendarie e amministrative.

Questecontorsioni interne tolgono spazio all’analisi politica, e di questo risenteanche anche il Governo Gentiloni, schiacciato tra la volontà del Presidentedella Repubblica di farlo arrivare alla scadenza naturale e la voglia di votoanticipato che anima buona parte degli schieramenti politici.

Il basso profilodi Gentiloni, giova ricordarlo, è forse salutare per assorbire gli eccessidegli ultimi anni, caratterizzati più da protagonismi che da soluzioni.

Il centrodestrasi dibatte tra due tendenze decisamente antitietiche: il populismo/sovranismo ela moderazione tendenzialmente filoeuropea.

Queste dueposizioni sembrano inconciliabili, e altro non sono che differenze presentianche in passato, che occorreva però tenere quanto più possibile nascoste peresigenze elettorali di coalizione.

Oggi che ledinamiche di questo tipo sono saltate, ognuno gioca la propria partita,puntando a lisciare il pelo agli umori popolari così da potersi accreditarecome leader delle probabili future alleanze (sarà interessante capire su qualibasi).

Quanto alMovimento 5 Stelle, nonostante le non brillantissime prove nelleamministrazioni locali e le ricorrenti polemiche sulla scarsa democraziainterna, resiste un consenso potenziale di grandi dimensioni.

Questo più perla pochezza altrui che per la sua reale forza.

Gli aspetticontroversi (quando non ignoti) del programma, le posizioni improvvide, lascarsa preparazione della classe dirigente sono aspetti comunque meglio tolleratidella brutta figura che il resto della politica offre quasi quotidianamente.

Questo dovrebbefar riflettere, e molto.

Rimane il datoche accomuna praticamente tutti: l’incapacità di offrire soluzioni reali econcrete.

Un esempio, pertornare al tema dal quale siamo partiti: la riforma delle istituzioni.

Tralasciando laretorica della “Costituzione più bella del mondo”, è indubbio che il nostrosistema istituzionale vada corretto ed adeguato, favorendo (anzi, obbligando)una rinascita della politica e dei momenti di decisione.

Bisognerebbericominciare a pensare seriamente ad una Assemblea Costituente eletta su baseproporzionale, così da dare spazio e tribuna a tutte e sensibilità presenti nelPaese, a maggior ragione oggi, alla luce delle tendenze altrettantoproporzionalistiche che attraversano la politica.

A questodovrebbero fare da corollario riforme profonde dell’ordinamento giudiziario,del sistema fiscale, della macchina amministrativa e bruocratica statale.

E invece niente.

Ci si perdenelle polemiche sterili e nei grandi annunci, ai quali quasi mai seguequalcosa.

Oltretutto,ultimamente è diventato uno sport molto di moda quello di incolpare l’Europa pertutti i problemi che abbiamo, così da sollevarci la coscienza e trovare ilcolpevole esterno.

Sembra cheniente sia ormai colpa nostra, ma che tutto derivi dai cattivi d’oltralpe,Merkel in testa.

Debito pubblico,crisi del sistema bancario, alta disoccupazione, scarsa produttività: meglioincolpare qualcun altro, che avere il coraggio di essere talvolta impopolariproponendo ricette credibili!

E così,sfruttando questo comodissimo alibi, passano le settimane e i mesi senza che siintraveda una prospettiva che possa scaldare i cuori, o perlomeno far tornareun po’ di fiducia.

In tutto questo,il mio disagio è aumentato dal fatto che vedo il mondo laico incapace diassumere nuove fisionomie politiche in grado di portare salutare scompiglio inquesto innaturale immobilismo.

E’ triste vedereche, praticamente in tutta Europa, partiti e movimenti laici e liberaldemocraticisono protagonisti e spesso vincenti, mentre in Italia ci si dibatte ancora intristi personalismi senza nessuna traduzione politica concreta.

E’ triste, ma èanche uno sprone.

Per contribuirea far accadere domani ciò che non è accaduto sino ad oggi.


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